VITTORIO INSANGUINE, BOMBER DI PUGLIA

Europei o Mondiali, poco cambia. Strade deserte, il rumore di qualche auto in lontananza. Balconi aperti, tricolori penzolanti. E poi le nostre ansie. L’anagrafe mi impedisce di ricordare “Rombo di Tuono” o uno smilzo Pablito che beffano carioca e panzer. Per contro, consente di conservare nel baule dei ricordi gli occhi spiritati di un picciotto palermitano e le magie di un Divin Codino. Scendendo di categoria, ma salendo i gradini della scala delle emozioni, un’analogia tra Mondiali e promozioni della Fidelis ci sta. Dici Italia 90 e il lumicino dei ricordi si sposta su Totò. Dici usanovantaquattro e il bagliore si sposta sul Divin Codino. Ma se chiedi del 1992 ad un andriese, il lumicino si tramuta in un falò che abbaglia quel goal di Raffaele Quaranta, che regalò alla Fidelis la prima storica promozione in serie B. 

Tuttavia, solo dodici mesi dopo, le memorie legate a Prime Comunioni rinviate, malori in curva e radioline lanciate per aria parvero defilarsi innanzi al rischio di un’amara retrocessione. Il nostro Mondiale, tinto di biancazzurro, si giocava al Comunale. Il calendario non contemplava pluridecorati avversari. Bensì una Reggiana che, secondo il frasario calcistico, “non aveva più nulla da chiedere al campionato”. Con una promozione in tasca, per di più.  Due approcci agli antipodi in cui lo spirito di sopravvivenza incrocia l’indolenza di chi ha già svolto i compiti. Un pò come quando ci si riduce all’ultimo compito in classe dell’anno per evitare una brutta pagella. Con la differenza che quella Fidelis non è mai stato uno scolaro svogliato. Quel compito in classe si traduce in un martellante assedio alla porta emiliana. A svegliare gli andriesi dall’incubo ci pensa quello spilungone, che la stagione precedente ha contribuito alla prima promozione in serie cadetta.

Quell’attaccante è Vittorio Insaguine che, raccogliendo un appoggio di Terrevoli, insacca con una zuccata da kamikaze, mettendo la testa dove pochi avrebbero il coraggio di metterci il piede. Un gol che sintetizza lo spirito volitivo della Fidelis. La dirigenza biancazzurra opta nell’estate del 1991 per questo attaccante classe 1967, fisico da lottatore, buon tiro dalla precisione chirurgica ed un colpo di testa micidiale. Nativo di Monopoli, Vittorio giunge nel 1988 al Taranto, che lo preleva dal Fasano, fresco vincitore del campionato Interregionale. Prospettive di maglia sicura ridotte al minimo, ma uno con la grinta e la freschezza dei 22 anni non può arrendersi. Girato in prestito al Brindisi in C1, è richiamato a Taranto per risollevare le sorti di un Delfino in crisi di risultati. Roberto Clagluna, che nel frattempo ha sostituito Veneranda sulla panca rossoblù, capisce che il ragazzo ha voglia di crescere e lo butta subito nella mischia. Vittorio si addentra in quella C1 spigolosa, incrociando i bulloni con i ruvidi difensori di questa categoria, dove il confine tra l’essere un mastino ed un teppista dell’area di rigore è molto sfumato. Vittorio comprende la durezza del campionato e dà il suo contributo per mantenere la categoria. I suoi sforzi non passano inosservati e la città jonica inizia ad apprezzarlo. Merito di un buon finale di stagione, in cui Vittorio sigla un paio di gol che gli valgono la riconferma e convincono gli Jonici a puntare su di lui nella stagione successiva in C1. Vittorio non si lascia sfuggire l’occasione di consegnare il proprio nome alla storia del calcio tarantino, gonfiando la rete 12 volte. Non tantissime, ma decisive per mettersi in saccoccia il cuore dei tifosi. I suoi gol consentono alla compagine agli ordini di Mister Clagluna di stazionare nei primi due posti della classifica, non soffrendo mai di vertigini e dominando il campionato. Memorabili la tripletta di Perugia e la doppietta alla Salernitana in un Iacovone tramutatosi in una bolgia infernale per l’occasione. L’anno successivo Insanguine esordisce in serie cadetta. Ma il cambio in panchina, con Nicolini come timoniere, non giova alla vena realizzativa di Insaguine, che forse patisce il dualismo con Clementi. Il Taranto ottiene la salvezza, ma Vittorio forse capisce che la sua avventura jonica sia al capolinea. 

Saluta lo Jonio e arriva ad Andria, preferendo di scendere di categoria. Un compromesso necessario per ritrovare la vena dei tempi migliori. Ma d’altro canto è proprio vero che i campioni veri si riconoscono dalla capacità di reinventarsi. Estate 1991. All’ombra dei Tre Campanili, ha inizio la favola del Vittorio andriese, forse la più bella. Mister Russo carpisce nel monopolitano la voglia di rivalsa che si manifesta nella spasmodica ricerca del gol. Per onor di cronaca, la Fidelis e Vittorio si sono incrociate già durante la stagione 1989-90. Vittorio firma l’1-0 casalingo con cui il Taranto si sbarazza di un’inesperta Fidelis. Giunge ad Andria per sostituire Romiti e si impone subito come terminale offensivo di una squadra che, alla qualità dei veterani, aggiunge la fame di chi vuole emergere, un mix che mister Russo gestisce egregiamente. Felino non nei movimenti bensì nella voracità in area, Insanguine firma la storica promozione in Serie B con 14 reti, tra le quali spiccano la prodezza balistica nel 4-2 contro la Sambenedettese e soprattutto il colpo di testa nella vittoria contro il Perugia, col quale pare quasi abbia un conto in sospeso. Ai 14 gol avremmo potuto aggiungerne un altro, se le leggi della fisica che governano la sfera non avessero previsto il doppio palo contro il Chieti, preludio al liberatorio gol di Quaranta.  L’anno dopo l’Andria strappa il primo successo in serie cadetta proprio contro il Taranto. Vittorio firma la gara d’andata con una girata al volo da manuale su cross dello spumeggiante Petrachi. Successo che spiana la strada per il 2-0 finale tra le mura amiche, acquietando i primi mugugni di una piazza desiderosa di tranquillità immediate. Lo “Sgarbo” è ribadito al ritorno, in cui Insanguine sigla il definitivo 2-2, depositando di testa un invitante cross di Del Vecchio, dopo che gli jonici si portano sul 2-0. E come scordare il Battesimo del gol in cadetteria con il pareggio strappato ad una navigata Lucchese grazie ad un suo tiro dal dischetto? O la zampata con cui una proletaria Fidelis, in un San Nicola colorato di biancazzurro, castiga una sorniona Vecchia Signora distratta da palcoscenici più prestigiosi?

Dopo l’avventura andriese, Insanguine si trasferisce a Ravenna, dove incide poco, forse anche per via della sua risaputa ritrosia ad allontanarsi da casa, a costo di rinunciare a squadre di categoria superiore. Tanto che, eccezion fatta per la parentesi ravennate, ha giocato in Puglia anche con le maglie di Casarano e Fasano e nella vicina Matera. E proprio a Fasano vince un campionato di serie D, prima dell’addìo al calcio giocato nella sua Monopoli nel 2005, vincendo il campionato d’Eccellenza. Il contributo decisivo alla promozione in B e le 11 reti in B che seguirono le 14 reti in C1, lo consegnano agli annali del calcio federiciano, più incline a ricordare i suoi gol piuttosto che le Notti Magiche targate Totò o le torride estati all’insegna di Divin Codino.

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